Oriente e Occidente: scontro fra Titani ai tempi della Controriforma

La Gerusalemme Liberata, capolavoro della penna di Tasso, si fa foriero dei valori cristiani nella letteratura di fine ‘500, animata dallo spirito di Controriforma e dalla brama di potere nei confronti di un popolo. Il poema epico, che racconta l’ultimo periodo della prima Crociata, con il suo bifrontismo e dualismo diviene emblema della figura contraddittoria dell’intellettuale cortigiano di Torquato Tasso: diviso fra essere e dover essere, fra mondanità e rigore, fra fare letteratura e fare propaganda, fra rimanere fedele a sé stesso e essere fedele alla chiesa Controriforma.

Lo scontro fra cristiani e pagani, che tesse la trama, è solo un espediente di Tasso per legare il manoscritto alla realtà dell’epoca: i cristiani, infatti, rappresentano i valori di Controriforma, che loro stessi cercano di seguire, mentre i pagani i valori rinascimentali e laici ormai abbandonati. I primi provenienti dall’Occidente cercano di controllare tutti i loro istinti per non cadere in tentazione, però solo i più fedeli soldati come Goffredo riescono a superare gli ostacoli e le tentazioni dell’Oriente, visto come una terra che porta al peccato e all’amore svincolato da ogni legge morale. La figura di Goffredo così si contrappone a tutti i suoi compagni, definiti appunto erranti, che lui cerca di salvare da un destino incompatibile con  i valori della Controriforma e che condanna l’uomo alla sofferenza. Così l’Oriente, per l’autore, incarna la terra dei valori rinascimentali, del piacere e della amoralità, ideali verso i quali Tasso prova un certo fascino, proprio come i cavalieri erranti, ma che saranno poi il motivo per cui comincerà ad apportare modifiche su modifiche all’opera fino a snaturarla.

Per la paura stessa che le sue idee, divise tra rinascimento e Controriforma, potessero trapelare dalle sue parole e dagli episodi descritti, Tasso rivoluziona il suo poema facendolo diventare completamente un’altra nella sua ultima pubblicazione del 1584, per adempire ancora di più allo scopo che si era prefissato fin dall’inizio. Infatti il suo intento di farla diventare baluardo dei principi della Controriforma,  si intravede fin dalla prima edizione:  nel proemio, per la prima volta, viene invocata una Musa cristiana e non più una delle nove figlie di Giove, in modo da rimarcare inequivocabilmente la decisione di mettere i principi cristiani al centro dello stesso processo creativo. L’esempio lampante della visione dell’Oriente come terra di piacere e labirinto dell’umanità, che cerca di far evadere i cavalieri dal proprio ruolo attraendoli a sé e conducendoli verso un turbine di passioni, è l’episodio del giardino di Armida. Rinaldo, compagno di Goffredo, viene attirato e tenuto prigioniero nelle Isole Fortunate da Armida, maga pagana, di cui lui si innamora perdutamente, i cavalieri Carlo e Ubaldo vengono così inviati da Goffredo a riportare alle armi Rinaldo innamorato. I due, arrivati all’isola resistono alle tentazioni, che li vogliono allontanare dalla giusta via della fede e dei propri valori, e riportano finalmente alla realtà Rinaldo.

Dalle ragazze, che cercano di sedurli, al pappagallo, che li incita a cogliere la rosa, i due guerrieri, che si contrappongono a Rinaldo, accecato dai falsi piaceri, si fanno novelli eroi del conflitto dell’Occidente e l’Oriente, una contrapposizione che storicamente e simbolicamente si risolve a vantaggio del primo ora con la vittoria della crociata, ora con la supremazia dei santi valori occidentali permeati di fede e di superiorità morale. Il poema si chiude con la conquista di Gerusalemme, della sua cultura e della sua storia nel segno della devastazione e delle lotte al potere dei cristiani, che come colonizzatori cancellano la civiltà, per imporre la propria e i propri valori non più basati sul piacere e sull’antropocentrismo, ma su un nuovo ritorno alla fede a al teocentrismo. Si consuma così la faida che vede ancora una volta i due mondi diversi, complessi, in opposizione e in guerra, come due grandi titani che fino da tempi più antichi cercano di battersi e di sovrastarsi l’uno l’altro a discapito della cultura delle proprie radici.

Poiché l’europeo non conosce il proprio inconscio, non capisce l’Oriente e vi proietta tutto ciò che teme e disprezza in se stesso

Così diceva Carl Gustav Jung nella sua Psicologia e psicologi ed è questo che il nostro autore attua nella Gerusalemme Liberata: uno scontro esterno e antico, ma nello stesso interno e attuale nell’anima dell’artista che rivede nell’oriente i propri peccati e le proprie debolezze che devono essere soppiantati ed eliminati dalla propria coscienza, campo di battaglia della prima crociata tra Controriforma e Rinascimento.